In due, le Lambrette procedono verso Ovest attraverso il deserto di Gibson.
Ci fa un grande piacere essere ritornati a Uluru (nome aborigeno dell’Ayers Rock), il più grande monolito del globo, sia per il suo significato magico e misterioso sia per l’aspetto paesaggistico.
Yulara, inserita nel parco nazionale di Uluru-Kata Tjuta, è una delle località turistiche australiane più visitate e Uluru è il monumento naturale, simbolo religioso caro agli aborigeni.
Ci si arriva facilmente percorrendo la strada asfaltata proveniente da Alice Springs con la propria auto oppure con tour organizzati in pulmanns o in aereo da tutte le piĂą importanti cittĂ Aussie.
Si arriva anche in lambretta e si può godere di tutta quella organizzazione turistica che gli australiani assicurano ad un buon livello qualitativo.
Molti turisti e molti i giovani, un po’ da tutte le parti del mondo; noi troviamo ospitalità al Pioneers Hotel e passiamo una piacevole serata scrivendo le cartoline e ascoltando un ottimo complesso rocks.
Verso Ovest, attraverso le Aborigenal Lands
Il giorno seguente si parte, dirigendosi verso Ovest, passando da Kata Tjuta (nome aborigeno delle Olgas), gruppo montuoso meno conosciuto di Uluru, ma ugualmente straordinario dal punto di vista paesaggistico.
Ben sappiamo che, lasciate alle nostre spalle le forme rotondeggianti delle Olgas avremo di fronte a noi, da affrontare, circa 2000 km di pista a dir poco infernale.
Ormai soli, Nadia sarà davanti in quanto, ormai esperta a riconoscere a colpo d’occhio le tipologie del terreno, aveva la possibilità di regolare il ritmo di marcia a lei più congeniale; io la seguo con grande apprensione, immaginabile quando la vedevo qualche volta serpeggiare, un sospiro quando, passato quel momento, si riprendeva e così chilometro dopo chilometro. Con le luci accese anche di giorno, siamo sempre visibili negli specchietti saldamente fissati al portapacchi anteriore, una ottima soluzione per mantenere sempre il contatto visivo con chi segue.
Una brutta caduta
La pista delle Olgas verso Kaltukatjara (Doker River) località di confine con il Western Australia, è veramente dura e proprio in questo tratto, forse in un momento in cui la concentrazione non era al massimo, forse per la stanchezza, la caduta.
Verificato prima di tutto che non ci fosse nulla di rotto, risolleviamo la Lambretta. Una botta che speravamo fosse soltanto una dolorosa botta, ma così non è stato. Il dolore alla spalla ha accompagnato Nadia fino alla fine del viaggio.
Tornati in Italia dovrĂ sottoporsi ad una serie di cure culminate con una fastidiosa operazione.
Lentamente, ma è importante arrivare
Ora l’avvicinamento verso Perth si faceva più faticoso.
La velocità di crociera non è di molto superiore ai 25 km/h. A questa velocità , in quarta marcia, il motore non lavora al meglio, ma è sufficientemente bilanciato per riprendere gradualmente all’inizio, più corposamente poi, di mano in mano che si da il gas, ma subito bisogna mollare per non perdere il controllo a causa di profonde rotaie lasciate da altri veicoli o di cunette di sabbia o il fondo sabbioso o ghiaioso. Il procedere in queste condizioni non ci consente, il più delle volte, di raggiungere il punto di rifornimento seguente o un luogo confortevole ove trascorrere la notte.
In questa stagione, alle 17,30 è già buio, ma già un’ora prima, bisogna inevitabilmente fermarsi per ragioni di sicurezza in quanto,con il sole negli occhi che tramonta di fronte a noi, non riusciamo a distinguere gli ostacoli della pista.
Ora, appena cala il buio, il freddo si fa sentire; non ci resta che fare un pasto frugale consistente in una scatoletta di tonno o in un pezzo di pane con qualche fetta di salame ungherese e latte.
Non accendiamo il fuoco per il pericolo che i cespugli di spinifex che contengono sostanze resinose infiammabili possano creare incendi alla boscaglia circostante, così. ci rifugiamo nella nostra piccola tenda, utilizzando come cuscino le nostre giacche a vento. Il silenzio è totale e, durante la notte, sentiamo aggirarsi intorno alla nostra tendina piccoli roditori e non solo: anche un rettile si avvicina e lascia le tracce del suo passaggio sulla sabbia.
La mattina ci sorprende infreddoliti, con la tenda bagnata dalla rugiada alla quale qualche uccello del deserto viene a dissetarsi.
Caricate le Lambrette, riempiti i serbatoi, controlliamo sempre i pneumatici e tutto quanto serve per procedere con sufficiente sicurezza.
La tole ondulee
In questo tratto dell’Outback Hwy prima di Warburton è presente, in maniera molto evidente, la “tole ondulee” come la chiamano i francesi o “corrugations” all’inglese.
La superficie della pista assume la forma di una lamiera ondulata a causa del passaggio di mezzi pesanti; un vero martirio per i veicoli che percorrono queste strade; un tormento per le sospensioni, pneumatici, telai e carrozzerie e anche per le braccia, che debbono tenere ben fermo lo sterzo e nello stesso tempo molleggiare seguendo le ondulazioni del terreno.
Non è raro che si stacchino pezzi di carrozzeria, si rompano balestre e si pieghino telai, anche i più robusti.
Lo sanno bene quelli che in Africa hanno percorso le piste dell’Hoggar e del Tassili, solo per citare le più conosciute.
Le carcasse arrugginite delle auto abbandonate, cerchioni e copertoni sfondati, motori, assali e altri pezzi, sono la triste prova di tanti viaggi non conclusi.
A Warburton ci accolgono con molta simpatia e stupore e passeremo la notte della Road House, confortevolissima, doccia e un buon pasto serale.
Molti, in questa regione, i volontari impegnati con grande determinazione sia nell’istruzione che nella sanità a favore delle popolazioni aborigene. Grande sforzo viene profuso per limitare l’alcolismo e lo sniffare della benzina. Le pompe sono blindate in gabbie e chiuse a chiave con enormi lucchetti. Nelle Road House si incontrano per lo più tecnici che si spostano per ragioni di lavoro; i turisti preferiscono l’area riservata per il campeggio.
Anche in questa tratta dell’Outback Highway gli incontri con altri veicoli è limitato a 8-10 al giorno e, quando ci si incontra, ci si ferma; ci si scambiano notizie, per lo più legate allo stato della strada. Tutti rimangono un po’ sorpresi nell’incontrarci e ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa e, avuta assicurazione che tutto va bene, salutano e continuano il loro viaggio.
Qui la solidarietà è una regola ferrea.
Warakurna, Warburton, le tappe sono troppo lunghe per essere percorse in un solo giorno quindi trascorriamo altre notti nell’assoluta solitudine del deserto di Gibson.
Renato ci aspetta a Laverton
Mentre lentamente ci avviciniamo a Laverton, un altro Lambrettista ci sta venendo incontro; partito da Perth con una Lambretta FD a tre ruote, veicolo per il trasporto leggero, molto diffuso ovunque negli anni ’50 e ’60, anche qui in Australia.
E’ Renato De’ Pannone che, come tanti italiani, è venuto qui in cerca di fortuna con la classica valigia di cartone, tanta volontà ed ingegno.
Ha lavorato come tecnico presso l’importatore Lambretta, poi insegnante in materie tecniche; ora in pensione, le colleziona e le restaura e da assistenza ai molti Lambrettisti Australiani.
Ha una bella casa e, soprattutto, una grande e bellissima famiglia; insomma uno dei tantissimi italiani che hanno contribuito a rendere grande questo grande paese, anch’egli un pioniere.
Raggiungiamo Tjukayirla, un nome aborigeno di una località impronunciabile forse anche dagli aborigeni stessi……di certo sappiamo che è una piccolissima località indicata come la più isolata di tutto il paese ma dove si potrà trovare cibo, acqua, carburante e un letto per la notte.
Qui incontriamo un gruppo di turisti italiani di Avventure nel Mondo, a bordo di confortevoli fuoristrada; ci salutano molto cordialmente stupiti nel vedere le Lambrette in questa remota parte del mondo.
Certamente il nostro aspetto non doveva essere dei migliori così coperti dalla rossa polvere del deserto.
Le nostre giacche sono sporche e con qualche strappo ma per i motociclisti sono come una bandiera, tanto piĂą sono provate tanto piĂą raccontano avventure, viaggi, qualche volta cadute.
Da Cosmo Newberry la pista gradualmente migliora e a qualche chilometro prima di Laverton ecco improvvisamente l’asfalto. Ci fermiamo e ci abbracciamo, contenti di essere arrivati indenni, o quasi, a Laverton e poter incontrare Renato.
Renato, con gli amici Bob e Kevin, ci aspettano li, arrivati il giorno precedente.
Festeggiamo l’incontro con un bel piatto di spaghetti e caffè all’italiana come avevamo previsto.
The Golden mile e Modesto Varischetti
Laverton come Leonora, Menzies e altre città di questa regione, crebbero agli inizi del secolo con la scoperta dell’oro e con l’apertura di miniere del prezioso metallo.
Ci fermiamo per la notte a Menzies; anche qui ci sono i segni di un passato legato alle miniere di oro. Agli inizi del secolo, questo paese contava oltre 15,000 persone, la maggior parte minatori; ora, solo qualche decina di abitanti e un hotel, l’unico rimasto di nove.
Queste miniere vennero raggiunte da uomini provenienti dalle miniere esaurite dello Stato di Victoria, dalla California, dal Nevada e dal Klaondike.
A Kalgorlie ne visiteremo una, a cielo aperto, ancora in funzione.
Pezzi di storia e cimeli sono raccolti nel museo di Coolgardie, importante centro minerario in quel tempo, ora non piĂą.
Ne riportiamo una per tutte in quanto il protagonista è stato un italiano, salito agli onori della cronaca dell’epoca.
Modesto Varischetti, minatore proveniente da un piccolo paese delle valli bergamasche, mentre lavorava a 320 m di profondità a Bonnievale, rimaneva imprigionato dall’acqua penetrata nei cunicoli della miniera a causa di una eccezionale pioggia; quel giorno, era il 15 marzo del 1907, cadde in un’ora la quantità di pioggia che normalmente cade in un mese.
Varischetti rimase, come riportano i giornali di allora, “sette giorni in compagnia del diavolo”, con l’acqua fino alla gola, in una sacca d’aria nelle viscere della terra.
Un treno speciale partì da Perth portando i palombari volontari Bearne e Curtis ; un altro minatore Hughes, ex palombaro, si offrì volontario, per poterlo salvare.
Come curiosità , il convoglio viaggiò giorno e notte, con priorità assoluta, coprendo la distanza in un tempo record, rimasto imbattuto per decine e decine di anni.
Riportato in superficie con i suoi salvatori è acclamato come un eroe e dopo qualche giorno di riposo, Modesto riprendeva il suo lavoro in miniera, come prima. Ancora oggi i minatori conoscono questa storia.
Renato ci precede con il suo motofurgone sul quale sono state applicate ruote piĂą grandi che gli consentono una velocitĂ di quasi 80 km/h.
Sulla strada asfaltata si possono percorrere 300-350 km al giorno in tutta tranquillitĂ .
Ci fermeremo a Southern Cross, poi a Northam dove si unirà a noi Mark il figlio di Renato, anch’egli in Lambretta e qualche chilometro prima della capitale del Western Australia, un gruppo di Lambrettisti ci attende per entrare con noi in città e raggiungere simbolicamente la costa dell’Oceano Indiano, dopo un viaggio durato 28 giorni.
Passeremo qualche giorno con Renato e la sua famiglia e controlleremo le Lambrette in previsione del prossimo ritorno in Australia.
Conclusioni
Abbiamo riportato questo resoconto di un viaggio a lungo sognato, scritto ovviamente da mano non professionista, sperando di trasmettere almeno una parte delle sensazioni, emozioni, gioie e qualche sofferenza a chi come noi, appassionati di motori, piace viaggiare e conoscere posti lontani, non sempre facili da raggiungere e forse per questo ancor piĂą belli.
Nella nostra intenzione c’era la voglia di ritrovare quello spirito pionieristico di questa parte del mondo e devo dire che lo abbiamo incontrato giorno dopo giorno.
Abbiamo anche avuto la conferma che, per la buona riuscita di un viaggio impegnativo come quello appena concluso, è importante una buona organizzazione, una meticolosa preparazione meccanica del mezzo e soprattutto una buona dose di determinazione.
Non trascurabile, le nuove esperienze che abbiamo messo nel nostro fagotto personale; nuovi amici ma soprattutto nuove conoscenze tecniche si sono aggiunte riguardo queste incredibili, infaticabili, mitiche Lambrette.
Ringraziamo il Console Generale d’Italia a Sydney Antonio Verde (anch’egli Lambrettista), Stefano Balboni per l’attenzione riservata ai nostri scooters, Toni Brancato, Bill e Peter Guthrie, la signora di Jervois, Bob e Kevin, Renato De Pannone e la famiglia per la cordialissima ospitalità .
Foto ( le piĂą belle) sono di Peter e Bill Guthrie.
Testi Tino e Nadia Sacchi, nella speranza di non avervi annoiato.
Alcuni numeri
· Chilometri percorsi 6120 ( pari a 5 volte Milano-Reggio Calabria) in 28 giorni
· Consumo carburante 400 litri ogni Lambretta
· Consumo medio 1 litro per 16 km
· Forature qualche decina
· 4 copertoni danneggiati
· 2 cerchi danneggiati
· 4 ammortizzatori anteriori danneggiati
· All’arrivo la Lambretta di Nadia risultava avere difficoltà nell’avviamento a causa di insufficiente compressione derivante dalla aspirazione di sabbia attraverso una breccia formatasi nel filtro; le fasce elastiche risultavano visibilmente usurate.
· Nessun problema alla mia Lambretta, non necessiterà di alcun intervento meccanico.
· Un viaggio di 6000 km su queste strade sono risultati, in termini di stress e di usura meccanica, pari a circa 70/80.000 km percorsi sulle strade europee.
Un po’ di tecnica
- Modello Li 125 Ia serie 1959 – Modello Li 125 IIa serie 1960
- Cilindro e pistone diametro 64 alluminio Nicasil tipo Mugello 186 cc
- Albero motore modello Dodicimila corsa 58, spalle piene, bilanciatura con inserti in tungsteno, peso 2500 g.
- Carburatore Dell’Orto PHBH diametro 28 filtro aria Polini
- Accensione elettronica ad anticipo variabile Varitronic 12V 90 W
- Frizione 5 dischi e campana alleggerita a mescola speciale forniti dalla Surflex
- Marmitta Clubman/A.F. Rayspeed
- Tendicatena Nylon Quick Slip
- Portapacchi anteriori e posteriori mod. Australian di Cuppini
- Potenza 16 CV – Velocità a pieno carico 125 km/h
- Ammortizzatori posteriori Protec/Taffspeed, registrabili.